(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 23 luglio 2016 con il titolo “Uno sguardo sulle funzioni del Senato”)
Visto come sarà composto il nuovo Senato, e detto che esso sarà un ibrido tra camera politica e camera territoriale, restano ora da vederne le funzioni. Perché è da ciò che farà e da come lo farà che dipenderanno l’effettiva resa istituzionale del nuovo Senato e il funzionamento del sistema di equilibri disegnato dalla riforma.
L’elenco delle funzioni spettanti al Senato è lungo (sparso nel testo della costituzione) e include aspetti molto importanti. Il Senato sarà in primo luogo protagonista del raccordo tra i livelli territoriali. La costituzione riformata menziona in particolare (art. 55) il “raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica” (Regioni e Comuni), il raccordo tra Stato, enti territoriali e Unione europea, la partecipazione alle “decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea”, la verifica dell’impatto “delle politiche dell’Unione europea sui territori”.
Un secondo fondamentale gruppo di funzioni riguarda la valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni. Si tratta, nel primo come nel secondo caso, di funzioni nuove e tutte da costruire, da esercitare talvolta in via esclusiva (come la valutazione delle politiche pubbliche), altre volte in concorso con altri soggetti (la Camera o il Governo). Come queste attività saranno svolte è tutto da definire, sia sul piano regolamentare che su quello dell’efficacia delle funzioni svolte.
Oltre a queste funzioni nuove ve ne saranno altre più classiche: il Senato dovrà rendere parere obbligatorio sull’esercizio del potere sostitutivo dello Stato (art. 120 c. 2), sullo scioglimento di consigli regionali e sulla rimozione presidenti di Regione (art. 126), eleggerà due giudici costituzionali, e potrà disporre inchieste su “materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali”, nominando una commissione (art. 82).
Vi è poi la funzione legislativa. Ossia quella che finora è stata l’attività principale del Senato e che si sposterà prevalentemente sulla Camera. Nell’attuale bicameralismo perfetto il sistema è semplice. L’art. 70 consiste oggi di sole 9 parole: “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Con la riforma si passa a 438 parole, e i procedimenti legislativi diventano quattro.
Il primo è quello paritario, cioè come adesso: serve il voto di entrambe le Camere. Sarà il caso delle leggi costituzionali, delle leggi di tutela delle minoranze linguistiche, di quelle sui referendum, delle leggi elettorali e sulle funzioni di comuni e città metropolitane, sulla partecipazione dell’Italia alle decisioni in ambito europeo, su ineleggibilità e incompatibilità dei senatori, sull’elezione del Senato, sulla ratifica dei trattati UE, su Roma capitale, su condizioni speciali di autonomia per le Regioni (art. 116 c. 3), su accordi e intese regionali con l’estero, su elezioni e emolumenti degli organi regionali, sulla promozione dell’equilibrio di genere nella rappresentanza, sulla migrazione di comuni da una Regione all’altra. A ben vedere, non sono poche materie.
Il secondo procedimento legislativo è quello ordinario, la nuova regola generale: su richiesta di 1/3 dei suoi componenti (entro 10 giorni), il Senato può proporre modifiche alle leggi deliberate dalla Camera (entro 30 giorni). Questa però si pronuncia in via definitiva, a maggioranza semplice. Un procedimento particolare si ha poi quando lo Stato voglia legiferare in una materia di competenza delle regioni ordinarie a tutela dell’unità giuridica o economica o dell’interesse nazionale (art. 117 c. 4). In tal caso il Senato può introdurre modifiche a maggioranza assoluta, e la Camera può superarle solo con la stessa maggioranza. Infine, per le leggi di bilancio e il resoconto consuntivo dello Stato (art. 81), l’esame del Senato è obbligatorio, le osservazioni vanno presentate entro 15 giorni (anziché 30) e la Camera mantiene comunque l’ultima parola. In caso di dubbio sul procedimento da usare decidono d’intesa i Presidenti delle Camere. A maggioranza assoluta il Senato potrà poi presentare disegni di legge in ogni materia, e la Camera dovrà pronunciarsi entro sei mesi.
In estrema sintesi il nuovo Senato avrà pochi poteri e molte funzioni. Di certo il peso e l’utilità del nuovo Senato non dipenderanno tanto dalle sue funzioni legislative (che saranno assai limitate rispetto ad ora) ma dalle nuove competenze assegnategli, in particolare il raccordo tra livelli e la valutazione delle politiche pubbliche. Sotto questo profilo il ruolo del Senato è ancora tutto da scrivere, ed è evidente che il suo peso reale dipenderà da come sarà esercitato. Si è spesso detto che il Senato diventerà un dopolavoro: in base alle funzioni attribuitegli non è affatto così (ed anzi viene da chiedersi come funzioni così importanti possano essere svolte da senatori part-time), ma potrebbe diventarlo se non se ne farà un uso proattivo.
Gentile professore, leggendo questa sua sintesi riguardo la funzione legislativa del Senato post-riforma mi sorge un dubbio.
Ci sono due casi in cui avviene un fenomeno simile: il Senato propone e la Camera si deve esprimere sulla proposta (mi riferisco alle proposte di modifica a richiesta di 1/3 dei senatori ed il caso dei disegni di legge su ogni materia sui cui la Camera ha l’obbligo di esprimersi entro 6 mesi).
Il mio dubbio riguarda la fase successiva alla proposta da parte del Senato. Da come mi pare di capire dal testo della riforma e dal suo post, il procedimento si esaurisce con il voto della Camera che, formalmente ha solo l’obbligo di prendere in considerazioni le proposte del senato ma alla fine l’ultima parola è sempre la sua. In questo modo, sempre se non mi sbaglio, il Senato in quelle due occasioni del procedimento legislativo ordinario, ha solo una funzione consultiva.