Idea marxista per il doppio passaporto

(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 21 settembre 2018)

La soluzione del problema del doppio passaporto è a portata di mano e non è nemmeno particolarmente originale. Ma ci voleva un colpo di genio per mettere insieme tutti i tasselli. I primi ad averci pensato sono stati – guarda caso – due grandi politici e intellettuali austriaci, Karl Renner e Otto Bauer, oltre un secolo or sono. Quando i segnali di sgretolamento dell’impero austroungarico si stavano facendo pressanti, sotto la spinta delle rivendicazioni nazionalistiche delle parti non tedesche del vasto impero, la corrente di pensiero da loro autorevolmente rappresentata, detta austro-marxismo, propose di separare in modo visibile cittadinanza e nazionalità. In questo modo, pur all’interno di una cittadinanza comune, si sarebbe resa visibile, anche nei documenti di identità, la nazionalità di ciascuno, dunque la sua appartenenza etnico-culturale. Un passaporto austriaco avrebbe potuto dunque contenere la nazionalità croata, slovena, ceca, italiana, ecc.

Qualche anno dopo la questione della nazionalità divenne addiritura il fondamento dell’URSS, l’unione delle repubbliche socialiste, organizzate in soviet, ma basate su criteri etnici. La Georgia era la repubblica dei georgiani, l’Ucraina degli ucraini, l’Armenia degli armeni e via elencando, indipendentemente dall’intricata composizione etno-culturale di qui territori, che tutto erano fuor che omogenei. Ma un pochino bisogna pur semplificare, suvvia, mica si può sempre cercare il pelo nell’uovo. E quindi anche nei passaporti sovietici, che indicavano la cittadinanza pur ambendo a costruire nel tempo anche un’appartenenza identitaria e politica all’ideale dell’homo sovieticus, veniva indicata anche la nazionalità (moldava, estone, kirgiza, ecc).

Si dirà che sono cose del passato, mentre il luminoso dibattito sul doppio passaporto guarda al futuro, in un vero spirito europeo. Spirito che com’è noto in questa fase sta entusiasmando il continente, pronto a cogliere ogni occasione per unirsi in un abbraccio transnazionale di fratellanza che supera i vecchi confini tra stati e popoli, creando l’homo europaeus, altro che quello sovieticus.

Invece no, sono cose anche del presente. Tanto che alcuni comuni altoatesini hanno già iniziato ad attrezzarsi, mostrando un’apertura mentale e culturale che molti ingrati finora disconoscevano ai burocrati. E così sulle belle carte di identità verdi i cittadini della Repubblica federale di Germania mica vengono indicati come tedeschi, ché potrebbero confondersi con gli autoctoni. La loro cittadinanza (anzi citfadinanza / Staatsborgerschafr) è “germanica” (v. foto – è vera!). E chi vuole può anche farsi scrivere “teutonico” (siamo per la libertà individuale, ci mancherebbe). Per non discriminare nessuno anche agli italiani sarà data, ovviamente solo su richiesta (mica siamo razzisti), la possibilità di aggiungere la nazionalità “terrona”, “polentona”, “sabauda” e altre varianti tuttora allo studio, anche se l’apposita commissione pare si stia arenando sulla questione della ladinità dei nonesi. Con le varianti multiple si risolve anche il dilemma dei mistilingue, che potranno adottare il terrone-teutone, o il più etnico mezzosangue. Certo siamo all’inizio, e presto con il contributo degli esperti si correggerà l’errore concettuale, sostituendo l’errato termine citfadinanza con la dicitura corretta natzionalittà / Naktionalitaett. Ma insomma la via è tracciata e le tensioni diplomatiche possono finalmente rientrare. Chi lo vorrà scriverà nazionalità austriaca (ammesse le varianti regionali, perché un vero tirolese ha i suoi bei problemi ad essere assimilato ai viennesi, traditori di Andreas Hofer) nel passaporto italiano, così sono tutti contenti (tranne forse i “germanici”, ma insomma, un passo alla volta) e possiamo proseguire nella creazione dell’homo europaeus. Beniniteso, di pelle chiara: i sardi si rassegnino e i portoghesi pure – escluso Cristiano Ronaldo, ammesso per pettorali e conto in banca tipicamente europei.

Tre piccole postille. La prima. Sia nel caso dell’Impero asburgico, sia in quello dell’Unione sovietica, l’esito è stato la disgregazione su base etnica, cosa che in prospettiva dovrebbe risultare molto appetibile per i sostenitori dell’iniziativa. La seconda: i medesimi sostenitori saranno sicuramente felicissimi di sapere che l’idea è marxista (ma non marxiana, per la differenza passare a ripetizione dalla prof di filosofia). La terza: questo articolo è ironico. Lo diciamo a beneficio dei molti che sulla vicenda stanno mostrando una pesantissima e noiosissima serietà. D’altra parte, il senso dell’umorismo non è mai stato il pezzo forte dei nazionalisti di ogni sponda.

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