(pubblicato sul quotidiano Alto Adige dell’8 luglio 2021 con il titolo “La nuova stagione di Calderoli”)
L’attuale legislatura non è stata finora produttiva per le commissioni paritetiche. Fatti e disfatti ad ogni cambio di governo, questi fondamentali istituti di sviluppo dell’autonomia hanno pagato il prezzo dell’instabilità politica, che sta alla loro efficacia come la criptonite sta a Superman. Nonostante la continuità sul versante delle nomine provinciali e regionali, i continui cambi della componente governativa hanno rallentato i lavori al punto di impedire l’approvazione di ogni provvedimento.
Le recenti nomine da parte della Ministra Gelmini sono state criticate per non avere tenuto conto dell’eterogeneità della maggioranza che sostiene il governo Draghi, né della dimensione di genere. Per contro, non è difficile scorgere dietro alla nuova composizione un chiaro disegno politico, volto a fare dell’organo lo specchio dell’accordo SVP-Lega che governa la Provincia. Nell’auspicio, peraltro comprensibile, di poter così finalmente procedere all’approvazione di alcune norme di attuazione in quest’ultima fase della legislatura. In questa logica si colloca anche la proposta di affidare la presidenza della commissione dei sei al sen. Calderoli, garante di tale accordo politico. Va ricordato infatti che, senza un solido sostegno politico del governo, norme di attuazione non se ne fanno, come dimostrano i lunghi periodi di stagnazione tra il 2007 e il 2010, o dal 2018 ad oggi. Per contro, quando i rapporti politici sono buoni, se ne producono molte, come nelle stagioni da record con oltre 20 norme tra il 1996 e il 2001 e altrettante tra il 2014 e il 2018.
La nuova commissione nasce in un contesto diverso dai precedenti. Dopo i due governi Conte e i relativi spostamenti di equilibri nelle paritetiche per cercare di rifletterne le cangianti maggioranze, senza peraltro riuscire a mettere davvero in moto la macchina, l’ampia maggioranza del governo Draghi diminuisce il peso della rappresentanza territoriale (leggi SVP) in Parlamento e rende ancora più importante il ruolo delle paritetiche. La scommessa di puntare su un solo cavallo (la Lega) per quanto di razza (Calderoli) ha i suoi vantaggi, ma comporta anche qualche rischio: pur rispecchiando la maggioranza provinciale, non è detto che a livello nazionale ciò sia sufficiente a garantire l’approvazione dei provvedimenti auspicati, il cui destino potrebbe dipendere dai rapporti, tutt’altro che stabili, tra la Lega e altre forze del centro-destra, a partire dal partito della Ministra Gelmini.
Anche la scelta di Calderoli è una scommessa. Si tratta di un politico assai capace e tutt’altro che grezzo. Non traggano in inganno le pagliacciate con cui si ingrazia consapevolmente un certo tipo di elettorato, bruciando leggi in piazza, portando maiali a urinare su un terreno da adibire a moschea o dando dell’orango all’allora ministra Kyenge. In realtà sul parterre romano è uno dei politici più navigati e più rispettati. È forse l’unico in grado di gestire l’aula del Senato nei momenti turbolenti. Conosce molto bene le norme, le procedure e anche le dinamiche che regolano la vita politica, ha un acume raro e ottime entrature nei ministeri che contano. Insomma, è un buon investimento. Ma proprio perché dispone di queste qualità è anche capace di mettersi di traverso se qualcosa non lo convince. In nome della ragion politica è in grado di piegare alcuni convincimenti, ma non necessariamente tutti. Va insomma curato con una certa attenzione.
Un’ulteriore scommessa dietro all’operazione riguarda il futuro dei rapporti politici a livello provinciale e nazionale. Non si può non scorgere un tentativo di porre le basi per la prosecuzione del lavoro con una maggioranza a trazione leghista nella prossima legislatura. Se così fosse, i ponti sarebbero gettati. In caso contrario potrebbero esserci ostacoli significativi.
Con le nuove nomine si sono anche saldati alcuni conti interni, come sul componente di lingua tedesca di parte governativa. Lo si è fatto al prezzo di ottenere una commissione dei 6 di soli uomini, non proprio un fulgido esempio di pariteticità, e forse anche questo è un segnale politico. Certo le commissioni non sono organi rappresentativi della società, ma solo dei territori e dei gruppi linguistici, e funzionano in base al principio negoziale, non a quello democratico. Ciò non toglie che si possa fare molto per renderle più aperte. Di sicuro si apre una stagione in buona parte inesplorata per questi organi chiave dell’autonomia. Non si può che augurarsi che sappiano funzionare anche in questo nuovo contesto, perché senza paritetiche in salute l’autonomia perde uno dei suoi pilastri più significativi.