Revisione della Parte II della Costituzione – Verfassungsreform

La senatrice Anna Finocchiaro in una foto del 7 novembre 2014. ANSA / MATTEO BAZZI

La senatrice Anna Finocchiaro in una foto del 7 novembre 2014.
ANSA / MATTEO BAZZI

Iniziata la terza lettura della riforma costituzionale in Senato. Una chiara e precisa spiegazione del testo e della situazione attuale è contenuta nella relazione della Presidente Finocchiaro.

Im Senat hat die dritte Lesung der Verfassungsreform begonnen. Die Präsidentin des Verfassungsausschusses, Anna Finocchiaro, erklärt im folgenden Beitrag mit klaren Worten den Text und schildert den bisherigen Iter sowie den aktuellen Stand der Reform.

 

7 luglio 2015

DDL COST. 1429-B

(REVISIONE DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE)

relazione della Presidente Anna Finocchiaro

Il disegno di legge di riforma della Parte II della Costituzione è stato approvato in prima lettura dal Senato l’8 agosto del 2014, dopo un ampio dibattito che, nel corso dei mesi, si era arricchito di numerosi contributi. Ricordo, in proposito, che l’esame in Commissione fu preceduto da un’articolata indagine conoscitiva, durante la quale furono invitati in audizione rappresentanti delle istituzioni, delle organizzazioni economiche, ma soprattutto un numero significativo di esperti, in gran parte costituzionalisti.

Presso la Camera dei deputati, l’esame del progetto di riforma costituzionale ha avuto inizio l’11 settembre 2014 e si è concluso, anche in quella sede dopo un’approfondita discussione, il 10 marzo di quest’anno.

Poiché il testo è stato modificato in diversi punti durante l’esame presso l’altro ramo del Parlamento, il Senato è chiamato ad una terza lettura, sempre nell’ambito della prima deliberazione, secondo le procedure di revisione previste dall’articolo 138 della Costituzione.

Gli aspetti più qualificanti del progetto di riforma hanno riguardato, come è noto, il superamento del bicameralismo paritario e il tema del riparto di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni e l’assetto complessivo del sistema delle autonomie locali.

Per quanto concerne il primo tema, possiamo tutti constatare che, all’esito delle due letture parlamentari, è confermata la scelta di superare il bicameralismo paritario e di escludere il Senato dal circuito fiduciario.

La riforma del modello parlamentare bicamerale, nella prospettazione che ha finora assunto durante questo iter di revisione, si indirizza su tre linee di intervento che, pur strettamente connesse sul piano logico, possono essere tenuto distinte da un punto di vista argomentativo: la natura del Senato, la sua composizione, le funzioni che è chiamato a svolgere nell’ordinamento.

Mi soffermerò quindi, in primo luogo, sugli articoli 55, 57 e 70 della Costituzione, così come modificati nel corso del procedimento parlamentare di revisione, con particolare riguardo alle modificazioni apportate dalla Camera dei deputati.

Il nuovo articolo 55, quinto comma, della Costituzione definisce la natura della seconda Camera, affermando che essa rappresenta le istituzioni territoriali. Tale formula, contrapposta all’altra, contenuta nel secondo comma (ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione) è fondamentale per comprendere l’intento riformatore.

Essa rinvia al tema della rappresentanza e dei sui possibili canali, evocando un dibattito che affonda le sue radici nei lavori dell’Assemblea costituente e che richiama espressamente, in ragione delle intime connessioni alle quali ho fatto riferimento, la composizione e le funzioni del Senato.

D’altra parte, la formula presente nell’articolo 57 della Costituzione attualmente vigente (Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale) reca impressa una traccia significativa, che pure non trovò una compiuta realizzazione, della feconda e articolata discussione che animò il dibattito dei costituenti sul ruolo della seconda Camera nel sistema parlamentare e sulla opportunità che questa offrisse un diverso canale di espressione della rappresentanza e un diverso metodo di selezione della classe politica.

La classica rappresentanza indifferenziata avrebbe dovuto coniugarsi con la rappresentanza di altre categorie di interessi, in particolare quelli riconducibili ai territori, in coerenza con le istanze regionalistiche che, in seno all’Assemblea, avevano trovato un consenso ampio e trasversale.

È a tutti noto il contributo offerto da Costantino Mortati, in numerosi suoi interventi, in favore di una forma di rappresentanza che si adeguasse alla complessità della struttura dello Stato moderno e riflettesse questa nei suoi aspetti più significativi. Ricordo in proposito due articoli dell’insigne giurista: il primo Il potere legislativo: unicamerale o bicamerale, pubblicato in Realtà Politica  il 16 maggio 1946; il secondo, pubblicato su Cronache sociali il 30 settembre 1947, con il titolo La seconda Camera.

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La ripartenza del federalismo italiano

fp 3-13Il Ministro per gli affari regionali Delrio è intervenuto ieri in commissione affari costituzionali al Senato, presentando le linee programmatiche che il governo intende seguire in tema di rapporti con Regioni e enti locali.

Oltre a mostrare competenza e interesse per il tema – cosa tutt’altro che scontata, specie in considerazione di quanto fatto da molti suoi predecessori – il ministro ha indicato una nuova via per far ripartire i rapporti tra i livelli di governo in Italia. Il punto centrale e innovativo sta soprattutto nel metodo, con l’intenzione di fare dello Stato un facilitatore più che un decisore, valorizzando il ruolo delle autonomie e liberandone il potenziale. Non si dovrebbe quindi più assistere a decisioni unilaterali imposte dall’alto, ma ad un processo collaborativo che coinvolga tutti i livelli di governo nelle decisioni strategiche, anche al fine di ridurre il contenzioso costituzionale.

Positiva appare anche l’intenzione di portare a compimento il cd. “federalismo fiscale”, responsabilizzando il sistema delle autonomie, e di evitare riforme a singhiozzo e asistematiche come si è fatto in passato. Per questo l’azione di valorizzazione dei territori deve andare di pari passo con una riforma costituzionale complessiva che chiarisca finalmente il ruolo di regioni e enti locali nell’architettura costituzionale italiana.

Sotto questo profilo appare tuttavia necessario un ulteriore sforzo di approfondimento. Sembra ancora mancare un disegno complessivo del sistema territoriale italiano: a cosa servono le regioni e gli enti locali? Chi deve fare cosa? C’è la convinzione che le regioni siano qualcosa di strutturalmente diverso da comuni e enti locali, o si continuerà a mettere tutto nello stesso calderone, degradando le regioni a meri organi amministrativi e caricando i comuni di responsabilità che non possono assumersi? Come si collegherà la valorizzazione dell’autonomia con la rappresentanza territoriale al centro, dunque con le varie (e talvolta bizzarre) proposte di fare del Senato una “Camera delle Regioni” (pessima espressione che sottintende una concezione non chiara della rappresentanza territoriale)? In che misura si riconoscerà il valore della differenziazione, non solo tra regioni ordinarie e speciali, ma anche tra le regioni ordinarie e tra le regioni speciali, tenendo conto della grande diversità che caratterizza i territori d’Italia?

Il dialogo tra i livelli di governo sembra dunque ripartire con le migliori intenzioni e seguendo il metodo giusto. Molte domande attendono però ancora una risposta. Per trovare questa risposta sarà importante anche il contributo che all’azione del governo potrà venire dal Parlamento e ancor più dalle Regioni e dai Comuni, perché anche a livello politico si comprenda che più autonomia è la soluzione e non il problema.