L’aeroporto e il nostro futuro

BZ airport(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 20 settembre 2015 con il titolo “È il futuro che deve decollare”)

Sta lentamente “decollando” la discussione intorno all’aeroporto di Bolzano, in vista del probabile referendum sul tema. Finora i fronti si vanno coagulando intorno a due posizioni. Quella espressa dal mondo dell’economia, che sottolinea la ricaduta positiva dello scalo, e quella latamente ambientalista che vi vede l’errata perpetuazione di un modello di sviluppo che continua ad anteporre la velocità alla lentezza. A queste si aggiunge, immancabile, la posizione qualunquista di quelli che “i soldi andrebbero spesi diversamente”. A prescindere.

Ci sarà modo di tornare sui dati. A partire dai costi effettivi (ricordando tuttavia che le grosse somme sono state già spese per la struttura, mentre per il futuro si tratta di cifre irrisorie di partecipazione pubblica), fino all’impatto ambientale (inquina più un aeroporto funzionante o un’autostrada intasata?) e alle prevedibili ricadute turistiche ed economiche. Siccome però è facile prevedere uno scontro basato più su posizioni ideologiche che su dati reali, conviene provare ad anticipare alcune domande destinate purtroppo ad essere trascurate nel dibattito.

La prima è su cosa si dovrebbe eventualmente votare. Non già su “aeroporto sì o no”, ma sulla partecipazione economica della Provincia. Un no significherebbe un aeroporto non sussidiato, quindi probabilmente senza voli di linea. Sono pochi al mondo gli aeroporti che si mantengono interamente da soli, e Bolzano non sarà mai tra questi, ma la questione da porsi è il rapporto tra interesse pubblico per il territorio e contributo economico per soddisfarlo. Soprattutto, quale sarebbe l’alternativa? Collegamenti veloci con Innsbruck e Verona? Magari. E quanto costerebbe un treno per arrivarci in massimo un’ora (altrimenti a che serve)? E quanti anni di lavori servirebbero? E poi Innsbruck e Verona non sono hub, quindi si andrebbe fin lì per volare spesso con scali, come da Bolzano.

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Il Sindaco Abdul

salto(pubblicato su http://www.salto.bz/article/10082015/il-sindaco-abdul l’11 agosto 2015)

Palermo sindaco di Bolzano? Impossibile, a partire dal nome.

Palermo sindaco di Bolzano sarebbe la barzelletta che fa il giro d’Europa.
Al di là del merito (su cui qualche cenno nel post scriptum), sarebbe una sfida impossibile già solo per una questione di nomi e di (presunti) antipodi. La contraddizione sempre crescente per i cultori di Hegel, battute da Bar Sport per altri. Reale pregiudizio per troppi.

Nella campagna elettorale per il collegio senatoriale di Bolzano – Bassa Atesina nel 2013 un episodio mi ha colpito più degli altri. Ero a un incontro organizzato in un centro minore dal locale circolo SVP per far conoscere il marziano che veniva talvolta dipinto come “nemico dell’autonomia” (mai stato, ma basta esprimere dubbi giuridici su una scelta politica per essere inquadrati come tali nell’ottica binaria “amico-nemico” che ancora ci caratterizza).
Breve introduzione di pochi minuti e poi chiacchierata amichevole su ogni tema, dal programma agli aspetti personali. Poi la conversazione prosegue in modo ancora più informale davanti a un bicchiere di vino. Una formula apprezzata, e verosimilmente assai collaudata. Un signore si congratula per le cose che ho detto. E come massimo complimento si produce in una sorta di autocritica (traslittero dal dialetto): “es ist blöd, dass wir uns immer noch Probleme machen, einen Italiener zu wählen, wenn der nächste Kandidat eh Abdul heißen wird”.

Resto di sale. Un conto è conoscere (o pensare di conoscere) in astratto l’atteggiamento mentale di molte persone. Un altro è sperimentarlo così a bruciapelo. Fin da piccolo ho convissuto con battute idiote sul mio cognome. Non solo all’asilo, ma anche in sofisticati ed eruditi ambienti internazionali. Non più di tre mesi fa un coltissimo collega russo mi ha chiesto senza ironia se venissi da Palermo, e mi ha guardato con occhi increduli quando gli ho detto di essere stato più spesso in Russia che in Sicilia.

 

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Sicurezza: illusioni e realtà

alto adige(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 18 maggio 2015 col titolo “Sicurezza, Superman non esiste”)

La campagna elettorale per le comunali è stata (e con lo strascico del ballottaggio è tuttora) dominata dal tema della sicurezza. È un peccato per la città, perché la – reale o presunta, poco importa – sensazione di minore sicurezza abbassa la qualità della vita e abbruttisce i rapporti tra i cittadini. Scende la fiducia reciproca, cala la solidarietà, aumenta il sospetto reciproco. Anche indipendentemente dalla quantità dei reati commessi. Ma è un peccato anche per la politica, perché la mette nelle condizioni di deludere, alimentando la spirale di sfiducia che da tempo segna i rapporti tra cittadini e istituzioni.

Il perché è presto detto: un sindaco può fare assai poco sul punto. Quindi se un candidato promette miracoli che non può giuridicamente realizzare, i cittadini sono delusi. E si alimenta così il circolo vizioso, che danneggia non solo la politica, ma, quel che è peggio, tutta lo società, che la politica fatica sempre più a rappresentare.

I poteri del sindaco in materia di ordine pubblico sono essenzialmente di due tipi. Un primo filone riguarda le attività che egli può svolgere in veste di ufficiale del governo (quindi in modo non completamente autonomo), “al fine di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini”, potendo adottare specifiche ordinanze “con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento” (art. 54 TU ordinamento enti locali). La seconda tipologia di poteri attiene alla funzione di rappresentanza della comunità locale, e può condurre all’emanazione di ordinanze volte ad affrontare “emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale” (art. 50). Si tratta di ipotesi eccezionali e limitate nel merito, nel metodo e nel tempo.

Ciò non significa naturalmente che il sindaco possa e debba disinteressarsi della questione invocando le sue limitate competenze. Molti sindaci italiani negli ultimi anni hanno cercato di forzare l’interpretazione dei margini del loro potere, adottando ordinanze di carattere più generale, come quelle sul divieto di accattonaggio o addirittura arrivando a imporre requisiti di reddito per l’acquisto della residenza nel comune. La giurisprudenza amministrativa ha nel complesso riconosciuto un margine di flessibilità ai “sindaci-sceriffi”, interpretando in modo evolutivo il nesso tra le ordinanze “creative” e le funzioni dei sindaci, ma ha comunque posto dei paletti piuttosto chiari. Ad esempio, non si possono utilizzare istituti volti a regolare la circolazione stradale per intervenire in materia di ordine pubblico (così la Cassazione ha stabilito che non si può combattere la prostituzione con la scusa di non intralciare il traffico, e molti altri esempi).

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