(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 29 settembre 2017 con il titolo “Il referendum in Catalogna e i suoi limiti”)
Da sempre gli stati nascono, si trasformano e muoiono. Solo negli ultimi 30 anni se ne sono formati 34, più di uno all’anno. La indissolubilità degli stati è una aspirazione comprensibile al momento della loro creazione, ma è anche un’ammissione di insicurezza rispetto alla capacità di mantenere l’unità. Insomma, di indipendenza non è affatto tabù parlare, almeno quanto non lo è (non lo dovrebbe essere) parlare di divorzio o di fine vita.
L’indipendenza della Catalogna non sarebbe quindi di per sé un’eresia. Si possono avere diverse posizioni riguardo al fatto che l’indipendenza catalana sia o meno una buona idea, ma che essa possa avvenire rientra nel normale svolgersi delle vicende storiche e se avvenisse in modo pacifico sarebbe anzi un segnale di maturità non scontato.
Ci sono però due seri (e voluti) limiti concettuali dietro al referendum indetto unilateralmente per domenica. E non si tratta del legalismo rigidamente seguito dal governo di Madrid, che ha sempre ribadito come si possa negoziare su tutto tranne che sul referendum perché questo non è ammesso nell’ordinamento spagnolo – salvo poi in pratica non negoziare nemmeno sul resto, sbagliando clamorosamente la strategia politica. No, si tratta invece di due questioni più sottili, su cui occorre riflettere anche al di là della questione specifica.
La prima riguarda la sovrapposizione che nella comunicazione si fa tra la volontà della risicata maggioranza parlamentare catalana (e del governo che questa sostiene) e quella del popolo catalano. Per tutti è diventato un refrain affermare che “la Catalogna vuole l’indipendenza”. In verità la stragrande maggioranza dei catalani vorrebbe una maggiore autonomia, non l’indipendenza. Ma questa opzione non è prevista nella legge – dichiarata incostituzionale – di indizione del referendum. È vero che il sostegno all’indipendenza è molto cresciuto negli ultimi anni, a causa della rigidità del governo spagnolo e della determinazione nazionalista di quello catalano. Ma è complessivamente ancora inferiore alla metà della popolazione, e in ogni caso del tutto insufficiente a costituire la base di una nuova legalità.