(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 16 luglio 2016 con il titolo “La radicale riforma del Senato”)
L’aspetto più noto e discusso della riforma riguarda il Senato, che sarà modificato radicalmente. Vi è da decenni un consenso quasi unanime, tra politici e studiosi, sulla necessità di abbandonare il cosiddetto bicameralismo perfetto, ossia un parlamento composto da due camere con gli stessi poteri e composte in modo analogo. La riforma non tocca la Camera dei Deputati mentre incide profondamente su funzioni e composizione del Senato. Il Parlamento resta bicamerale, ma solo i deputati rappresenteranno “la nazione”, mentre il Senato rappresenterà “le istituzioni territoriali” (art. 55). Conseguentemente, il rapporto di fiducia col governo sarà riservato alla sola Camera e anche nell’attività legislativa la Camera avrà un ruolo dominante.
Il Senato disegnato dalla riforma sarà composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da 5 che possono essere nominati (per 7 anni) dal Presidente della Repubblica. I 95 saranno eletti dai Consigli regionali (e delle province autonome) in numero proporzionale alla popolazione. Nessuna regione o provincia autonoma può averne un numero inferiore a due: la Lombardia ne avrà dunque 14 e poi via via a scendere, anche se ben 10 regioni/province avranno due soli senatori. E così ad es. la Liguria (1.500.000 abitanti) avrà 2 senatori e il Trentino-Alto Adige (poco più di un milione) 4. Ogni consiglio eleggerà un sindaco e il numero di consiglieri necessario per raggiungere la sua quota di senatori. In prima applicazione e fino all’entrata in vigore della legge che disciplinerà a regime l’elezione dei senatori, i consiglieri regionali eleggono i senatori votando una lista formata da consiglieri e da sindaci: in pratica, poiché la distribuzione dei seggi sarà fatta col metodo proporzionale, i senatori di una regione non saranno tutti della maggioranza regionale ma in proporzione alla consistenza dei gruppi politici nei consigli. Nella Provincia di Bolzano inoltre, i due senatori (il sindaco e il consigliere provinciale) saranno eletti separatamente perché dovranno appartenere a gruppi linguistici diversi. La durata del mandato dei senatori coinciderà con quella delle istituzioni territoriali di provenienza, per cui saranno costantemente rimpiazzati i senatori il cui mandato “originario” di consiglieri regionali o sindaci scada.
Come si ricorderà, in sede di esame parlamentare della riforma ci fu un aspro confronto sull’elezione dei senatori: il governo insisteva sull’elezione indiretta, mentre una parte consistente del parlamento chiedeva l’elezione popolare. Ne è risultato un compromesso piuttosto oscuro, per cui l’elezione è svolta dai consigli regionali ma “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Come ciò debba avvenire in concreto è ancora da capire e sarà definito dalla legge statale.