Un conflitto programmato

(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 22 novembre 2018 con il titolo “Italia-UE, un conflitto programmato”)

In uno stato di torpore generale ci si avvia all’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia per violazione delle regole sul deficit. Il procedimento è complesso, ma non per questo il dibattito può restare confinato nella cerchia degli specialisti, perché l’impatto della spirale che potrebbe innescarsi sarebbe enorme sulla vita quotidiana di tutti.

Com’è noto, il governo ha deciso di fare a braccio di ferro con la Commissione europea, proponendo una legge di bilancio che volutamente viola i parametri di convergenza in vigore da 25 anni. A seguito della lettera della Commissione che chiedeva sostanziali modifiche alla manovra, il governo ha risposto di non avere intenzione di farlo. Si tratta della prima volta in assoluto, e non solo in Italia. Normalmente infatti quando la Commissione richiede delle modifiche si apre una fase negoziale in cui si trova un qualche accordo, spesso a metà strada, com’è stato il caso finora, non solo nei confronti dell’Italia ma di quasi tutti i Paesi europei.

La scelta di andare allo scontro è invece una scelta di rottura forte. Cosa succede se si va avanti su questa strada? Succede che la Commissione deferisce l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, affinché questa accerti la violazione delle regole dell’Unione, cosa che accadrebbe con certezza quasi assoluta, essendo lo stesso governo italiano ad ammettere che di questo si tratta. L’accertamento della violazione comporta una sanzione pecuniaria, che sarebbe molto pesante: in base ai parametri previsti intorno ai 9 miliardi di euro. Inoltre l’Italia verrebbe estromessa per un certo periodo (da stabilire, ma legato al pagamento della sanzione) dall’acceso ai fondi strutturali dell’Unione europea. Ossia si chiuderebbe un rubinetto essenziale di finanziamento per imprese, agricoltori, e intere regioni. A tutto questo si aggiungerebbe il crollo della fiducia dei mercati e l’aumento vertiginoso del costo di finanziamento dei titoli del debito italiano. Sarebbe una crisi finanziaria senza precedenti che non potrebbe essere sopportata non solo dalle casse dello Stato ma nemmeno dall’economia “reale”, e porterebbe in una sola possibile direzione: l’uscita dalla zona euro. E forse dall’intera Unione europea.

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Tecnica vs. politica. Le risposte sbagliate

foto 2011(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 6 novembre 2014)

Tra Juncker e Renzi sono volati gli stracci. Ma al di là degli aspetti politici e mediatici – pur non trascurabili, visto che le dichiarazioni sono giocate anche sul piano del consenso – il duro scontro verbale tra il neopresidente della Commissione europea e il Presidente del Consiglio italiano svela un serio conflitto ideologico sulla concezione della democrazia. Il problema è sul tappeto da tempo, perché in tutto il mondo “democratico” emergono con chiarezza i limiti dei processi decisionali tradizionali, la crisi di legittimazione della rappresentanza, la necessità di introdurre correttivi ma anche la loro ancora scarsa elaborazione.

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