Lettera a un maggioritario mai nato

corte-cost(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 26 gennaio 2017 con il titolo “Lettera aperta al mai nato maggioritario”)

Attraverso la facile parafrasi del titolo di un famoso libro di Oriana Fallaci degli anni’70, che affrontava il tema dell’aborto, si può spiegare molto della parabola del sistema elettorale maggioritario in Italia. Come nel libro, i temi sono un sofferto aborto, la ricerca di emancipazione e indipendenza, e la vita di una comunità. Con la pronuncia di ieri della Corte costituzionale si completa con esito infelice il lungo tentativo di transitare ad un sistema elettorale maggioritario (o ad effetto maggioritario) in Italia.

Un tentativo durato la bellezza di 24 anni, a partire dalla legge Mattarella, che sulle ceneri della della cosiddetta “Prima Repubblica” ha iniziato un tormentato percorso con l’obiettivo di garantire governabilità ed efficienza attraverso formule elettorali, mentre il sistema di partiti si sgretolava. Un’operazione analoga a quella del Barone di Münchhausen, che si tirava per i capelli per uscire dalla palude. Il tentativo, poi affinato dalla legge del 2005 (cd. Porcellum) e da quella del 2015 (cd. Italicum) è stato quello di comporre la litigiosità della società italiana attraverso una sorta di doping elettorale che ad ogni elezione gonfiava artificialmente un partito (o coalizione) moribondo facendolo morire del tutto, di fronte all’incapacità di gestire una maggioranza parlamentare non corrispondente al consenso reale.

Ora l’avvitamento di questa spirale è giunto al punto finale. Dopo la sentenza del 2014, che ha smontato l’effetto maggioritario della vecchia legge elettorale (Porcellum) riducendolo ad un proporzionale puro, la Corte costituzionale ha compiuto il secondo, decisivo intervento abortivo. E ha smontato l’effetto maggioritario dell’Italicum, diventato incostituzionale dopo la bocciatura della riforma costituzionale che esso irrazionalmente anticipava senza essere ancora nato. Così il ballottaggio previsto dalla legge non poteva che diventare irragionevole e dunque incostituzionale nel momento in cui sono rimaste due le Camere che assicurano la fiducia al Governo.

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Dove zoppicano le anatre

mano scheda(pubblicato su http://salto.bz/article/13052015/dove-zoppicano-le-anatre il 13 maggio 2015)

Le elezioni comunali pongono un problema politico, ma anche e soprattutto giuridico. È ora di ripensare la legge elettorale per i comuni altoatesini?

L’esito delle elezioni comunali costituisce indubbiamente un problema. Non vi è chi, nel commentarle, non abbia sottolineato la dimensione politica di questo problema, che indubbiamente è rilevante: astensionismo, comportamenti elettorali, candidature più o meno azzeccate, alleanze rischiose e divorzi azzardati, eccetera. Ma nella foga del commento politico si è dimenticata la dimensione giuridica del problema, che pare ancora più significativa.

Come si vede in modo emblematico nel caso di Bolzano, se un candidato non vince al primo turno, si pongono quasi sempre seri problemi di governabilità. Tutti ricorderanno le vicende del 2005, che si ripeterebbero automaticamente in caso di vittoria di Urzì al ballottaggio (impossibile che abbia una maggioranza in consiglio) ma il cui spettro potrebbe aleggiare anche se vincesse Spagnolli, qualora non riuscisse ad allargare la maggioranza. Il problema si pone, magari con magnitudine minore, anche in altri comuni come Merano (meno a Laives), e non è escluso neppure nei comuni più piccoli, quelli sotto i 15.000 abitanti per i quali non è previsto il ballottaggio (si veda il caso di Dobbiaco, nel 2010 ma sulla carta anche oggi).

L’origine di tutto questo è la legge elettorale per i comuni della provincia di Bolzano. Nel 1994, sulla scia della legge nazionale dell’anno precedente che introduceva l’elezione diretta dei sindaci, anche nella nostra regione si è recepita questa riforma epocale (l.r. 3/1994 e successive modificazioni), e probabilmente non si sarebbe potuto fare altrimenti, trattandosi di una “norma fondamentale delle riforme economico-sociali della Repubblica”. Lo si è fatto, tanto per cambiare, introducendo regole assai diverse tra Trento e Bolzano. In particolare, in Alto Adige si è avvertito il rischio che l’impatto di una torsione fortemente maggioritaria avrebbe potuto avere sulla rappresentanza equilibrata tra i gruppi linguistici, e non si è recepita la previsione di un premio di maggioranza per le liste che sostengono il sindaco che risulta eletto. È venuta così meno la seconda gamba della normativa nazionale, senza la quale anche l’elezione diretta del sindaco rischia di incepparsi. Lo si è fatto per motivi nobili e condivisibili, ma così si è ottenuto un risultato che non è né carne né pesce. O, per restare sul piano della metafora politico-zoologica, si è fatta una legge-tagliola, che azzoppa le anatre nel momento stesso in cui le genera.

Qualche considerazione si pone dunque sul piano giuridico relativamente alla funzionalità e ai limiti di questa legge.

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La legge elettorale del Barone di Münchhausen

cropped-leselampe-weit.jpg(pubblicato su http://www.salto.bz/de/article/22012015/la-legge-elettorale-del-barone-di-muenchhausen il 22 gennaio 2015)

C’è un errore concettuale dietro alla legge elettorale – a questa come alle ultime che l’hanno preceduta. Per questo non può funzionare. Indipendentemente dai suoi contenuti.

Nei palazzi romani il tema del giorno – da molti giorni – è la legge elettorale. Questione noiosa e per addetti ai lavori? Dipende da come la si affronta. Purtroppo lo si fa generalmente male, sia nel dibattito politico sia nella sua riproposizione mediatica. Ed è l’approccio, più dei contenuti, a mostrare emblematicamente come il processo politico sia inceppato e non funzioni più.

È da Natale che il Senato è paralizzato per la legge elettorale. Il che sarebbe anche comprensibile data la delicatezza del tema, ma lo è assai meno se si considera che le decisioni non sono prese in Parlamento. Che diventa sempre più un Parlatoio.

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Legge elettorale e compromessi

foto 2011(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 28 gennaio 2014 col titolo “La bilancia della legge elettorale”)

Non esistono leggi elettorali perfette. In quanto strumenti per tradurre i voti in seggi, si tratta comunque di operazioni di semplificazione e approssimazione, che devono bilanciare tra principi astratti come la democraticità e la governabilità. Quale sia il giusto bilanciamento dipende da molti fattori, a partire dal sistema politico sottostante. In un contesto come quello italiano, evidentemente, tale bilanciamento è un’operazione assai diversa rispetto ad altri ordinamenti, che hanno sistemi politici più strutturati.

Il testo nasce da un compromesso tra i due maggiori partiti, in cui ciascuno ha introdotto il proprio cavallo di battaglia: il doppio turno per il PD, le liste bloccate per Forza Italia, con piccole concessioni per i partiti minori disposti a entrare in coalizioni (il riparto nazionale dei seggi e soglie di sbarramento più basse per le liste coalizzate). L’obiettivo dichiarato è garantire la maggioranza in capo ad una coalizione (attraverso il premio o il secondo turno) e ridurre il potere di veto dei partiti più piccoli.

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