I molteplici retropensieri dei contrari

BZ airport(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 14 giugno 2016)

La larga vittoria del no al referendum sul finanziamento pubblico dell’aeroporto si spiega con la convergenza di diverse motivazioni. E con i conseguenti comportamenti elettorali. Preliminarmente non va dimenticato che nonostante la partecipazione alle urne sia spesso direttamente proporzionale alla “concretezza” del tema, anche in questo caso oltre la metà degli aventi diritto non ha votato, analogamente al recente ballottaggio per le comunali. Il che dimostra, una volta di più, che ormai c’è una metà di popolazione ad ogni livello alla quale non interessa nulla della vita pubblica.

Tra coloro che hanno votato, ci sono diversi ordini di ragioni che hanno spinto verso il “no”. Il primo, anche in termini numerici, è la sindrome NIMBY (acronimo inglese che sta per “non nel mio cortile”). Praticamente ovunque in Bassa Atesina e Oltradige la stragrande maggioranza ha detto no temendo per l’impatto ambientale, il rumore, il valore delle abitazioni. Questioni sovrastimate ma comprensibili.

Il voto NIMBY esiste ovunque, specie in tema di infrastrutture, e probabilmente il suo pendant è stato il sì di molti albergatori delle valli ladine che guardavano al possibile profitto. Poi ci sono i no politici e quelli “a prescindere”. I primi sono i no utilizzati per contrastare la politica della maggioranza, o per dare uno schiaffo all’establishment. I no a prescindere sono di coloro i quali ritengono che ogni euro di denaro pubblico sia mal speso o vada comunque speso diversamente. Continue reading

Convenzione, Palermo: “Occasione per innovare l’Alto Adige”

buch swLa mia intervista pubblicata sul sito http://www.altoadigeinnovazione.it/convenzione-palermo-occasione-per-innovare-lalto-adige/ il 15 gennaio 2016.

Gli abitanti della provincia di Bolzano, tutti, indipendentemente da luogo di nascita e appartenenze etniche, avranno, a partire dal prossimo sabato, la possibilità di partecipare al dibattito sul nuovo statuto di autonomia, grazie alla “fase di partecipazione civica della Convenzione”. Un’occasione importante per prendere parte alla costruzione del proprio futuro in una terra che troppo spesso guarda solo al passato. Per questo, nei giorni scorsi, il Senatore Francesco Palermo ha lanciato un appello invitando i cittadini a sfruttare questa occasione: “rimboccandosi le maniche e smettendo di limitarsi a brontolare seduti sul divano di casa o al bar”. La prima intervista su questa particolare “innovazione istituzionale” non poteva, quindi, partire che da lui.

Senatore Palermo, i lavori della “Convenzione” partono in un ambiente, non solo politico ma sopratutto locale, contraddistinto da disinteresse, sfiducia e ignoranza diffusa sulla questione “statuto”. Come si contrasta questa tendenza? 

“Ci sono solo due modi. Il primo è mettere a disposizione gli strumenti, il secondo è informare adeguatamente. La Convenzione è lo strumento, magari perfettibile ma di gran lunga il più avanzato che si sia mai sperimentato nella nostra Provincia (e oltre). L’informazione sta finalmente passando. Alla fine sarà anche una prova di maturità della società tutta. Diciamo che questo processo toglie un alibi a chi si limita a lamentarsi comodamente seduto in salotto”.

Lei ha scritto e ripetuto che “il vecchio statuto riflette una società che non c’è più”, a cosa si riferisce in particolare?

“In primo luogo al procedimento per la sua approvazione. Il secondo statuto è stato scritto da pochissime persone. Oggi un simile processo non sarebbe semplicemente più accettato, anche se è certo più facile se si lavora in pochi. In secondo luogo ai contenuti. Lo statuto richiede manutenzione, vedremo quanto ordinaria e quanto straordinaria. Certo il fatto che lo statuto non contempli l’esistenza dell’Unione europea né dell’Euroregione, e che abbia ancora la struttura di governo dello statuto del 1948 indica che limitarsi a un piccolo restyling sarebbe un’occasione mancata, anche se meglio di niente. Il punto è che quanto più una norma fondamentale come lo statuto si scolla dalla società che deve regolare, tanto più le decisioni si prendono al di fuori della cornice del diritto. E questo è pericoloso. Per questo cerco di ricordare sempre l’importanza di questo processo”.

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La Catalogna e noi

catalunya-espanya1(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 29 settembre 2015 con il titolo “La Catalogna e il rapporto con noi”)

Le elezioni-plebiscito in Catalogna, che dovevano dare un chiaro segnale sulla volontà di indipendenza, hanno se possibile complicato ulteriormente il quadro. Gli indipendentisti hanno la maggioranza assoluta dei seggi, non quella dei voti. In ogni caso, l’opinione della popolazione, espressa per via elettorale anziché referendaria, è divisa a metà.

Ed è questo il problema di fondo, che non si sa bene come risolvere in una società democratica. Quando il consenso è davvero legittimo e può imporsi alla minoranza? Possono decisioni di questa portata essere prese dal 51% contro il 49%? D’altra parte, quanto “peso” serve a una minoranza per dover essere tutelata e quando questa tutela diventa un veto ingiustificato?

I catalani sono per metà favorevoli all’indipendenza, per metà contrari, anche se gran parte di questi ultimi vorrebbe una maggiore autonomia e forme inclusive e non esclusive di cittadinanza multipla: vorrebbero qualche sfumatura di grigio invece del bianco o nero che viene loro offerto.

Che succederà ora? Il segnale è stato forte e chiaro: che si tratti o meno di una maggioranza aritmetica dei catalani, la metà di loro è per staccarsi dalla Spagna. Madrid non potrà più permettersi un atteggiamento di chiusura rigida come quello tenuto finora, che ha solo compattato il fronte indipendentista. Assumendo che un costruttivo dialogo finalmente inizi, la questione ulteriore è chi negozierà sul fronte spagnolo. Le elezioni generali si terranno a dicembre, ed appare assai difficile che il governo conservatore di Rajoy possa essere riconfermato. Se anche lo fosse, sarebbe in coalizione con forze assai meno rigide sulla questione. Dunque se ne parlerà davvero da gennaio, e potrebbe iniziare un serio lavoro volto a modificare la costituzione, concedendo quelle innovazioni sul piano dell’assetto territoriale che, se fatte per tempo, avrebbero impedito l’escalation indipendentista. Insomma, non è affatto detto che la Catalogna diventerà indipendente davvero, e nemmeno che arrivi a una dichiarazione unilaterale in tal senso. Potrebbe aprirsi la stagione di una compiuta federalizzazione della Spagna e perfino di un assetto quasi confederale, con alcune entità semi-sovrane ma comunque associate al resto del Paese. Quel che è certo è che Madrid dovrà cambiare il suo atteggiamento ottuso se vorrà evitare che lo scontro si acuisca e che prima o poi la Catalogna sia “persa”, di diritto o di fatto.

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Cos’è in gioco in Catalogna (e altrove)

Catalonia(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 27 settembre 2015 con il titolo “Per un voto quattro quesiti”)

Oggi in Catalogna si chiude un ciclo e se ne apre un altro. Finora sono stati compiuti diversi tentativi di organizzare un referendum sull’indipendenza dalla Spagna (a cavallo del trecentesimo anniversario dalla conquista di Barcellona da parte delle truppe spagnole di Filippo V, avvenuta nel 1714), compreso un referendum semi-privato tenutosi lo scorso anno con la regia, neanche tanto occulta, della Generalitat.

Tutti questi tentativi si sono tuttavia scontrati contro il muro insormontabile dell’ordinamento costituzionale spagnolo, che non ammette questo tipo di consultazioni, né nel merito né nel metodo. Nel merito perché l’indissolubilità del Paese è un postulato costituzionale. Nel metodo perché non si possono tenere referendum senza l’autorizzazione dello Stato. Il Tribunale costituzionale di Madrid è intervenuto a ripetizione sulle diverse sfaccettature del cd. “diritto a decidere”, definendo i contorni della questione (e soprattutto mettendo paletti molto chiari) e sono in corso tentativi di modificare la legge che disciplina i poteri dello stesso Tribunale per conferirgli la possibilità di accertare d’ufficio e sanzionare il mancato rispetto delle sue pronunce. Insomma, sul piano giuridico la battaglia indipendentista è al momento persa.

Per questo da oggi si cambia strategia. E dal piano giuridico si passa a quello politico. Le elezioni anticipate sono state convocate intorno ad una sola questione: quella dell’indipendenza. I partiti indipendentisti si sono coalizzati in un blocco unico che unisce destra e sinistra, chiamato “uniti per il sì”. Se questo blocco otterrà la maggioranza assoluta dei seggi al parlamento regionale (come pare probabile, anche perché un’ulteriore forza indipendentista di sinistra correrà da sola, avendo un programma più radicale), si impegnerà a iniziare un processo (dapprima negoziale, poi, in caso estremo, unilaterale) verso l’indipendenza. I negoziati potranno durare 18 mesi e dovrebbero svolgersi naturalmente con Madrid, ma anche con Bruxelles e con le organizzazioni internazionali.

Fin qui il quadro. Cosa se ne ricava?

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L’aeroporto e il nostro futuro

BZ airport(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 20 settembre 2015 con il titolo “È il futuro che deve decollare”)

Sta lentamente “decollando” la discussione intorno all’aeroporto di Bolzano, in vista del probabile referendum sul tema. Finora i fronti si vanno coagulando intorno a due posizioni. Quella espressa dal mondo dell’economia, che sottolinea la ricaduta positiva dello scalo, e quella latamente ambientalista che vi vede l’errata perpetuazione di un modello di sviluppo che continua ad anteporre la velocità alla lentezza. A queste si aggiunge, immancabile, la posizione qualunquista di quelli che “i soldi andrebbero spesi diversamente”. A prescindere.

Ci sarà modo di tornare sui dati. A partire dai costi effettivi (ricordando tuttavia che le grosse somme sono state già spese per la struttura, mentre per il futuro si tratta di cifre irrisorie di partecipazione pubblica), fino all’impatto ambientale (inquina più un aeroporto funzionante o un’autostrada intasata?) e alle prevedibili ricadute turistiche ed economiche. Siccome però è facile prevedere uno scontro basato più su posizioni ideologiche che su dati reali, conviene provare ad anticipare alcune domande destinate purtroppo ad essere trascurate nel dibattito.

La prima è su cosa si dovrebbe eventualmente votare. Non già su “aeroporto sì o no”, ma sulla partecipazione economica della Provincia. Un no significherebbe un aeroporto non sussidiato, quindi probabilmente senza voli di linea. Sono pochi al mondo gli aeroporti che si mantengono interamente da soli, e Bolzano non sarà mai tra questi, ma la questione da porsi è il rapporto tra interesse pubblico per il territorio e contributo economico per soddisfarlo. Soprattutto, quale sarebbe l’alternativa? Collegamenti veloci con Innsbruck e Verona? Magari. E quanto costerebbe un treno per arrivarci in massimo un’ora (altrimenti a che serve)? E quanti anni di lavori servirebbero? E poi Innsbruck e Verona non sono hub, quindi si andrebbe fin lì per volare spesso con scali, come da Bolzano.

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Intervista su SALTO: Verso la Convenzione

A che punto è il delicato percorso di aggiornamento dello Statuto di Autonomia? Ampia intervista al senatore Francesco Palermo, anima della complessa operazione. (Luca Sticcotti)
Qual è lo stato dell’arte per quanto riguarda l’attesa Convenzione che dovrà riformare lo Statuto d’autonomia altoatesino?
La situazione attuale vede in sintesi la presenza di tre tavoli differenziati.
1) Il primo riguarda la trattativa finanziaria che sta procedendo di corsa e di fatto riguarda la giunta e Roma. Tutto sommato si tratta di una questione tecnica che interessa meno al cittadino comune. La questione è anche, politicamente, poco significativa: è ovvio che tutti hanno interesse ad ottenere da Roma il più possibile. Si tratta di un tavolo che praticamente si sta chiudendo, a quanto pare.
2) Poi c’è la questione, anche questa ‘veloce’ delle competenze della provincia, da ridefinirepiù nel dettaglio per cercare di parare i colpi dei continui conflitti di fronte alla corte costituzionale. Un esempio su tutti: l’urbanistica.
3) La Convenzione è in sostanza il terzo tavolo che prossimamente si occuperà di questioni che, tutto sommato, non coinvolgono Roma. Si tratterà di convivenza, scuola, modello di futuro. 

Federalismo e Alto Adige

Francesco Palermo illustra il potenziale del federalismo come strumento di governo, sia in generale, sia in riferimento all’Alto Adige. “Si tratta di gestire la complessità delle decisioni rendendole partecipative ed efficienti”, come emerge dal convegno organizzato a Bolzano dall’associazione internazionale che raggruppa tutti i centri che studiano questo problema nel mondo. “La ricerca può offrire soluzioni concrete alla gestione della complessità”.