Dove zoppicano le anatre

mano scheda(pubblicato su http://salto.bz/article/13052015/dove-zoppicano-le-anatre il 13 maggio 2015)

Le elezioni comunali pongono un problema politico, ma anche e soprattutto giuridico. È ora di ripensare la legge elettorale per i comuni altoatesini?

L’esito delle elezioni comunali costituisce indubbiamente un problema. Non vi è chi, nel commentarle, non abbia sottolineato la dimensione politica di questo problema, che indubbiamente è rilevante: astensionismo, comportamenti elettorali, candidature più o meno azzeccate, alleanze rischiose e divorzi azzardati, eccetera. Ma nella foga del commento politico si è dimenticata la dimensione giuridica del problema, che pare ancora più significativa.

Come si vede in modo emblematico nel caso di Bolzano, se un candidato non vince al primo turno, si pongono quasi sempre seri problemi di governabilità. Tutti ricorderanno le vicende del 2005, che si ripeterebbero automaticamente in caso di vittoria di Urzì al ballottaggio (impossibile che abbia una maggioranza in consiglio) ma il cui spettro potrebbe aleggiare anche se vincesse Spagnolli, qualora non riuscisse ad allargare la maggioranza. Il problema si pone, magari con magnitudine minore, anche in altri comuni come Merano (meno a Laives), e non è escluso neppure nei comuni più piccoli, quelli sotto i 15.000 abitanti per i quali non è previsto il ballottaggio (si veda il caso di Dobbiaco, nel 2010 ma sulla carta anche oggi).

L’origine di tutto questo è la legge elettorale per i comuni della provincia di Bolzano. Nel 1994, sulla scia della legge nazionale dell’anno precedente che introduceva l’elezione diretta dei sindaci, anche nella nostra regione si è recepita questa riforma epocale (l.r. 3/1994 e successive modificazioni), e probabilmente non si sarebbe potuto fare altrimenti, trattandosi di una “norma fondamentale delle riforme economico-sociali della Repubblica”. Lo si è fatto, tanto per cambiare, introducendo regole assai diverse tra Trento e Bolzano. In particolare, in Alto Adige si è avvertito il rischio che l’impatto di una torsione fortemente maggioritaria avrebbe potuto avere sulla rappresentanza equilibrata tra i gruppi linguistici, e non si è recepita la previsione di un premio di maggioranza per le liste che sostengono il sindaco che risulta eletto. È venuta così meno la seconda gamba della normativa nazionale, senza la quale anche l’elezione diretta del sindaco rischia di incepparsi. Lo si è fatto per motivi nobili e condivisibili, ma così si è ottenuto un risultato che non è né carne né pesce. O, per restare sul piano della metafora politico-zoologica, si è fatta una legge-tagliola, che azzoppa le anatre nel momento stesso in cui le genera.

Qualche considerazione si pone dunque sul piano giuridico relativamente alla funzionalità e ai limiti di questa legge.

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Radere al suolo il pregiudizio

campo rom(pubblicato su http://salto.bz/node/29860 il 9 aprile 2015)

Ex malo bonum: “radere al suolo” davvero i campi Rom. Populismo, eterogenesi del fine, temi scomodi e etichettature politiche.

Non c’è nulla di peggio che dare fiato alle sparate dei demagoghi. Il funesto circolo vizioso tra politica irresponsabile e media superficiali – da cui deriva un’opinione pubblica scarsamente e malamente informata e dunque propensa a votare politici irresponsabili – si alimenta infatti proprio così: il politico di turno rutta qualche slogan (in campagna elettorale la digestione si fa casualmente più complessa), i media ci si buttano a pesce e ne fanno i titoloni, il populista si esalta per l’incremento di visibilità e la volta successiva la spara ancora più grossa. Ferma la sacra libertà di parola e perfino di rutto, il miglior digestivo resta il pietoso silenzio.
Ma stavolta devo fare un’eccezione. Perché le raffinate dichiarazioni di Matteo Salvini in occasione della giornata internazionale di Rom e Sinti dell’8 aprile potrebbero involontariamente innescare una spirale positiva. Proprio grazie alla semplificazione mediatica su cui il populista specula.
Il messaggio che è passato è che Salvini vorrebbe “radere al suolo” i campi Rom. Il che è esattamente ciò che chiedono tutte le organizzazioni internazionali, ma anche la commissione per i diritti umani del Senato, tutti coloro che del tema si occupano sul piano della ricerca e dell’attivismo e persino la strategia nazionale di inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti approvata nel 2012 (http://www.unar.it/unar/portal/?p=1923). La politica scellerata del “campo nomadi” è la causa, non l’effetto, di gran parte dei problemi di esclusione, di delinquenza e in ultimo di quella che era stata definita “emergenza” Rom (anzi, “nomadi”… e le parole non sono ideologicamente neutre). È questa politica che ha creato le condizioni perché il problema si acuisse e continui ad acuirsi, il tutto ad un prezzo molto alto per le casse pubbliche. È ampiamente dimostrato che con meno soldi di quelli spesi negli ultimi anni per i “campi” si sarebbero potute finanziare politiche abitative e di inclusione, come del resto hanno fatto tutti gli altri paesi europei, dove pure la percentuale di Rom rispetto alla popolazione è spesso assai maggiore che in Italia. Insomma, il “campo” è una peculiarità tutta italiana, una follia scellerata e costosa, un incubatore di criminalità e malattie. Quindi vanno chiusi al più presto, ogni giorno che passa è troppo tardi. Per dirla col rutto ad effetto: sì, vanno rasi al suolo.

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Politici e social networker

cropped-leselampe-weit.jpg(pubblicato su http://salto.bz/article/16032015/politici-e-social-networker il 16 marzo 2015)

La critica è il sale della democrazia. C’è una soglia oltre la quale rischia di produrre l’effetto opposto? Ossia di renderla insipida e immangiabile? Il rapporto perverso tra politica e rete.

Sono abbastanza giovane da ricorrere al web come fonte primaria di informazione e confronto: leggi e sentenze le leggo online e nelle banche dati, non nella gazzetta ufficiale, sono dotato di blog e profili twitter e facebook, carico le pubblicazioni su academia.edu e uso l’online banking. Ma sono abbastanza vecchio per leggere i libri senza kindle, usare i social network in modo molto parco e soprattutto vederli non solo come opportunità ma anche talvolta come fastidio. L’età informatica di mezzo ha degli svantaggi, ma anche il vantaggio di poter osservare due mondi con sufficiente distacco.

Da due anni sono senatore della Repubblica, e parte di questo lavoro consiste nell’informare e nell’informarsi di molte vicende legate a un territorio che rappresento ma nel quale, proprio per doverlo rappresentare, sono abbastanza poco. E così l’uso della rete come strumento di informazione e comunicazione diventa una necessità maggiore di quella che sentirei altrimenti.

Verso la comunicazione, specie quella politica, ho sempre avuto un (troppo facile) atteggiamento snobistico. Trovandomici talvolta in mezzo, ho dovuto necessariamente iniziare a ragionarci in modo più articolato, sforzarmi di capirne le dinamiche, passare dalla dimensione individuale a quella collettiva del singolo commento, elevare a sistema anche lo sfogo più banale. Fino a chiedermi se ci sia un nesso tra l’imbarbarimento del linguaggio politico e quello del linguaggio mediatico e social-mediatico e, se sì, se sia il medesimo rapporto che lega l’uovo e la gallina. Quale nasce prima?

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La politica tra semplificazioni e complicazioni: Francesco Palermo risponde

Questa settimana i temi di maggiore impegno per Francesco Palermo in Senato sono stati la legge elettorale e il decreto sulla cosiddetta razionalizzazione della Pubblica Amministrazione. Sulla legge elettorale si sta iniziando a delineare il quadro del testo base su cui si discuterà, e se questo potrà risolvere alcuni dei problemi della legge attuale, potrebbe però crearne degli altri. Quanto al decreto sulla pubblica amministrazione, l’intento è molto apprezzabile, ma il provvedimento presenta, oltre a diverse disposizioni utili, anche alcuni aspetti fortemente problematici. “Purtroppo sono forse i nomi che portano sfortuna, perché ogni volta che si parla di semplificazione e razionalizzazione l’effetto sembra essere proprio il contrario.” Quanto all’Alto Adige, il clima elettorale rende sempre più difficile far prevalere la razionalità degli argomenti. “Il miglior contributo è un po’ di silenzio per evitare di rincorrere temi emotivi, marcando così il dissenso dalle azioni e dalle reazioni su questioni simboliche che non aiutano la convivenza.”

Cinque mesi in Parlamento: un bilancio

Prima dell’inizio della pausa estiva, Francesco Palermo traccia un breve
bilancio di questi primi cinque mesi di attività parlamentare. “E’ stata
un’esperienza molto intensa e non semplice, anche a causa della particolare
situazione in cui si è venuto a trovare il Parlamento”. Tra gli aspetti
positivi di questa prima fase vi sono l’aver familiarizzato con il lavoro
parlamentare e con i nuovi colleghi, la presentazione di numerose
iniziative, molte delle quali coronate da successo, e il lavoro operativo,
soprattutto nelle commissioni. Gli aspetti negativi sono stati la
constatazione delle difficoltà di non far parte di partiti politici, le
grandi aspettative che i cittadini ripongono nella possibilità di operare
dei cambiamenti a fronte della lentezza e farraginosità del sistema, e i
ritmi di lavoro particolarmente pesanti. Per l’immediato futuro,
l’obiettivo è di intensificare anche il lavoro al di fuori del parlamento,
perché le decisioni non sono quasi mai assunte in sede parlamentare, e una
minore impazienza nei confronti degli obiettivi da raggiungere.

Gli eccessi della politica e il lavoro sulle politiche

Questa settimana tre temi hanno attirato l’attenzione dei media e del dibattito politico: le mozioni sugli aerei F-35, gli insulti alla ministra Kyenge e la vicenda del dissidente kazako e dell’espulsione dei suoi familiari. “Sono temi importanti e gravi, ma è grave anche la spirale di dichiarazioni e la teatralità con cui vengono trattati.” E’ essenziale non farsi trascinare nel vortice politico-mediatico e lavorare sui contenuti. Francesco Palermo illustra le attività “meno visibili”, ma non meno importanti, e il lavoro svolto in questo contesto.

Il “primato” della politica, gli F-35 e la toponomastica: Francesco Palermo risponde

La seduta odierna del Senato è stata sospesa per motivi non attinenti al calendario dell’aula. “La politica è chiamata a risolvere i problemi. Ma risulta sempre più evidente che, invece di risolverli, li crea.” Francesco Palermo spiega con tre esempi – il disegno di legge per la riforma costituzionale, l’acquisto degli F-35 e la legge sulla toponomastica – che il primato della politica è sempre meno giustificato. Cerca comunque di concludere con un messaggio confortante.