(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 29 gennaio 2021)
L’ultimo atto del governo prima delle dimissioni è stata l’approvazione del decreto legge sull’organizzazione e il funzionamento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI). Si è trattato di un intervento volto a porre rimedio alla violazione della Carta Olimpica, che prevede l’autonomia dei comitati olimpici nazionali dai rispettivi governi in ambito decisionale e organizzativo. In assenza di questo intervento, tra pochi giorni il CONI sarebbe stato sospeso dal Comitato olimpico internazionale con diverse pesanti conseguenze, tra cui l’impossibilità per gli atleti italiani di gareggiare alle prossime olimpiadi sotto la bandiera nazionale. Solita soluzione “in zona Cesarini”, verrebbe da dire in gergo sportivo, o “all’italiana” nel linguaggio politico o, con toni macabri ma realistici, in limine mortis, anche dello stesso governo. Figuraccia mondiale evitata in extremis e malcelato quanto ingiustificato orgoglio nazionale perché alla fine, quando tutto sembra perduto, il genio italico se la cava sempre. Dimenticando che, specie in termini di immagine, non conta solo il risultato ma anche il percorso per arrivarci.
È certamente casuale che il decreto sia stato approvato in concomitanza con la giornata della memoria, che celebra la fine dell’Olocausto e ricorda la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione dei cittadini ebrei e di coloro che hanno subito la deportazione. Ma la coincidenza temporale fa emergere lo stridente contrasto tra gli obblighi a cui si adempie e quelli che vengono bellamente ignorati.