
(pubblicato sul quotidiano Alto Adige dell’8 aprile 2022 con il titolo “La crisi SVP e le grinze dello statuto”) Su ciò che lo scontro interno alla SVP, produrrà sul piano politico si è già detto molto e molto dipenderà dai … Continue reading
(pubblicato sul quotidiano Alto Adige dell’8 aprile 2022 con il titolo “La crisi SVP e le grinze dello statuto”) Su ciò che lo scontro interno alla SVP, produrrà sul piano politico si è già detto molto e molto dipenderà dai … Continue reading
(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 27 febbraio 2019)
Sarebbe troppo bello se il pasticcio intorno alla composizione della giunta regionale fosse solo una questione di poltrone. In verità, purtroppo, c’è molto di più, e di più serio. Perché il balletto sulle ceneri della Regione è in realtà un balletto sulle ceneri dello statuto di autonomia. E quel che è peggio è che nessuno sembra farci caso.
Sulla Regione le due componenti territoriali portano avanti visioni contrapposte, e non da oggi: i trentini sostengono la necessità di un rafforzamento della stessa (se non come ente politico almeno come sede di collaborazione sovraprovinciale); gli altoatesini sono tendenzialmente favorevoli ad un suo ridimensionamento. La divisione è più territoriale che partitica o etnica: nessuno in Alto Adige, compresi i partiti ‘italiani’, è disposto a fare una battaglia per valorizzare la Regione, mentre in Trentino la questione è prioritaria più o meno per tutti, anche se a malincuore la si sacrifica a vantaggio dell’accordo politico con la SVP. All’improvviso ci si accorge che esiste una disposizione dello statuto, l’art. 36 c. 3, che dispone che la composizione della giunta deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi linguistici rappresentati in consiglio (con deroga possibile per i ladini) e che “i vicepresidenti appartengono uno al gruppo linguistico italiano e uno al gruppo linguistico tedesco”. Una giunta rappresentativa delle diverse componenti, non lasciando fuori gli italiani dell’Alto Adige, avrebbe dovuto avere 7 membri. Troppi per la SVP e la sua retorica (ma assai meno pratica) anti-regionale. E troppi anche per le competenze da esercitare. Tecnicamente le alternative non sarebbero mancate (giunta a 5 o a 3), ma avrebbero implicato un presidente stabile, senza la staffetta tra i presidenti provinciali. E così si decide di passare a 6, inserendo un ulteriore assessore (anzi assessora) del gruppo tedesco a scapito dell’assessora in pectore del gruppo italiano dell’Alto Adige. La logica è sempre quella della botte piena e della moglie ubriaca. Ma quando non è proprio possibile, si prende la botte piena e la moglie (in queso caso la fresca sposina leghista in Alto Adige) si arrangi. Continue reading
Analisi acuta della situazione attuale del processo di revisione dello statuto di autonomia dopo il referendum costituzionale. Condivisibile in toto.
“In relazione alle polemiche che si sono sviluppate in Trentino sul ddl di riforma dello statuto, da me sottoscritto, che prevede il trasferimento della competenza in materia di enti locali dalla Regione alle Province, e la cui discussione è stata sospesa in Consiglio regionale, mi preme di precisare quanto segue:
1) Il ddl l’ho sottoscritto perché lo condivido pienamente nel merito. Chiunque conosca la materia sa che da tempo la legislazione è differenziata per le due province.
2) Nel metodo, questa soluzione era emersa come ipotesi maggioritaria nel gruppo di lavoro per la riforma del sistema delle competenze insediato dalle due giunte provinciali, ed è contenuta anche nel documento che entrambe le Province hanno consegnato al Presidente Renzi in occasione della sua recente visita in regione. Non è pertanto certamente un “blitz”.
3) Non mi interessano le polemiche politiche, meno ancora quelle tra partiti e peggio di tutte quelle tra territori che devono il più possibile marciare insieme. Le riforme si fanno insieme, anche a costo di non farle. Pertanto occorre attendere che sia chiarito in via negoziale col governo il destino del documento sulle competenze predisposto dal gruppo di lavoro, che in Trentino si consolidi la discussione e che a Bolzano la convenzione per la riforma inizi i propri lavori. Nel frattempo ritiro la mia firma dal ddl in questione e la rimetterò quando il tema sarà frutto di un percorso condiviso”.
Sen Francesco Palermo