(pubblicato su http://www.salto.bz/article/25092015/la-notte-della-democrazia il 26 settembre 2015)
Considerazioni inattuali su una macchina rotta.
Qualche milione, qualche migliaio o qualche decina? Ancora non è chiaro quanti saranno alla fine gli emendamenti alla riforma costituzionale su cui si inizierà a votare la prossima settimana.
La frustrazione maggiore in politica (o almeno in parlamento) è l’assoluta impossibilità di programmare, e la conseguente schiavitù della contingenza. Troppe le variabili che possono impazzire, ed anzi impazziscono a turno, in modo prevedibilmente imprevedibile. Altrettanto imprevedibili sono le priorità che di volta in volta si affermano e determinano l’andamento dei lavori, e ancor più oscuri sono i meccanismi che le generano.
La riforma costituzionale in discussione è ormai da tutti definita “riforma del Senato”, e la questione delle modalità di selezione dei futuri senatori ha paralizzato il discorso politico (e giornalistico: non si sa mai se nasca prima l’uovo o la gallina) nazionale negli ultimi mesi. Eppure quella del Senato è solo una parte della riforma complessiva, e nemmeno la più significativa (basti pensare che cambia radicalmente l’assetto regionale nell’indifferenza generale). E meno significativa ancora è la questione dell’elettività diretta o indiretta dei senatori. Parlare di questo senza chiarire che diamine debba fare il nuovo Senato è come parlare della carta da parati senza avere fatto il muro. Ma tant’è, le priorità si affermano secondo logiche strane, e non c’è verso di cambiarle. Se si fa notare l’assurdità della discussione, tutti concordano e immediatamente dopo ricominciano esattamente come prima. Credo faccia parte delle dinamiche dell’umanità disorganizzata. Dove c’è organizzazione le cose non sono troppo diverse, ma esiste qualcuno (o qualche struttura) che le seleziona e le impone, senza garanzia che siano meno astruse. Per questo in Italia (ma sempre più anche altrove) alla disorganizzazione si reagisce con leaderismi fugaci, che altro non sono che tentativi di dare ordine alle cose secondo le preferenze di chi, pro tempore, si assicura un margine di manovra maggiore di altri, e prova a esercitarlo finché riesce. Cioè finché viene scalzato dal leader successivo, destinato a fare la stessa fine. Il bello è che qualcuno pensa che si siano dietro i grandi vecchi. Magari. Almeno li si potrebbe combattere, stile James Bond contro la Spectre. Molto gradevole da vedere al cinema, ma palesemente poco realistico.