Il quotidiano Alto Adige pubblica oggi (28 aprile 2016) una mia intervista titolandola “Convenzione, quanti errori”. È triste dover constatare come un titolo possa veicolare un messaggio totalmente fuorviante e distorcere il messaggio di una lunga intervista. Ferisce soprattutto chi come me con le parole lavora ed è consapevole della loro grande responsabilità, e per questo cerca sempre di pesarle con attenzione.
Sintetizzare in poche parole un lungo dialogo che spesso tocca tanti temi è molto difficile. In questo caso, i contenuti dell’intervista riflettono, in parte, alcuni temi della discussione. Ma il titolo è ciò che più conta, e dà un messaggio doppiamente sbagliato. Da un lato mi mette nel calderone dei qualunquisti che criticano senza proporre alternative, ed è il contrario di ciò che voglio fare. Dall’altro, così facendo, perpetua un’opinione preconcetta rispetto a un tema – in questo caso la convenzione, ma vale spesso anche in tanti altri ambiti. Ossia che sia qualcosa di sbagliato, che non va bene e che va criticata – ovviamente senza proporre alternative. Benissimo criticare nei commenti dove ciascuno dice la propria, ma è scorretto farlo manipolando le parole di altri, specie quando dicono il contrario.