
Qual è il limite oltre il quale le Regioni devono sottostare alle decisioni del Governo nazionale? Sembrerebbe una domanda retorica, abbiamo la nostra Costituzione e l’attività internazionale, o meglio la capacità di stipulare accordi da parte delle Regioni, è stabilita dall’art. 117. Certo è che il limite invalicabile è proprio la politica estera a tutto tondo. Ma il caso del Veneto, il cui Consiglio regionale domani sarà chiamato a votare una risoluzione perché «la Regione del Veneto promuova la costituzione di un comitato contro le sanzioni alla Federazione russa, per il riconoscimento del diritto di autodeterminazione della Crimea e per la difesa delle nostre produzioni», risulta interessante, soprattutto in un mondo dove il globale ed il locale possono essere visti come i due lati della stessa medaglia, e alcune volte, invece, possono essere in contrapposizione. Il micro nella sua relazione/opposizione con il macro. Dove il micro sono gli interessi regionali e il macro è la linea politica nazionale.
“C’è una distinzione fondamentale, che non tutti fanno, nella prassi tra politica estera delle Regioni e le attività internazionali di queste. Le Regioni possono avere delle attività internazionali, ma il limite è proprio quello della politica estera. Non possono portare avanti delle azioni in contrasto con gli indirizzi politici del Governo nazionale. La situazione va avanti così dagli anni ’70. Che cosa sia politica estera e cosa sia un indirizzo politico del Governo è suscettibile di interpretazioni, ma la sostanza è che le Regioni possono fare quasi tutto con il consenso del Governo e quasi niente senza il consenso di quest’ultimo. E’ chiaro che molto spesso, anche per delinearsi politicamente, non è un caso che spesso queste iniziative vengano da Regioni che sono governate da una maggioranza diversa da quella del Governo nazionale (come nel passato), cercano di affermare una propria soggettività internazionale anche attraverso varie attività che vengono portate avanti”. Francesco Palermo, Senatore del Gruppo Per le Autonomie, eletto nel Collegio Bolzano e Bassa Atesina, e professore di diritto costituzionale comparato all’Università di Verona, sa bene cosa possono o non possono fare le Regioni, visto che è anche direttore dell’Istituto per lo Studio del Federalismo e del Regionalismo dell’Accademia europea di Bolzano. Proprio per questo motivo lo abbiamo interpellato per capire fino a dove si può alzare l’asticella della concorrenza leale e legale tra Stato e Regioni.
Lobbying delle Regioni direttamente a Bruxelles, come si muovono?
Le Regioni hanno tutte, nei confronti dell’Unione Europea, una rappresentanza e hanno diverse funzioni. Anche lì è una decisione di come utilizzarle, se più o meno in versione politica. La funzione principale è quella di fare il raccordo, informazioni, anche lobbying per le questioni di loro interesse (come ad esempio il settore dell’agricoltura). Ci sono una serie di canali informali che si utilizzano. Ci sono delle Regioni che sono molto potenti a Bruxelles.
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