La “fase due” delle costituzioni

(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 10 aprile 2020)

Il virus ha colto impreparate le nostre società. Era impreparato il sistema sanitario, e sono stati compiuti grandi sforzi per attrezzarlo in tempi brevissimi. Era impreparato il sistema dell’istruzione, e tra mille imperfezioni si è cercato di sopperire con la didattica a distanza. Era impreparato il sistema economico, e si stanno approntando strumenti di sostegno. Anche il sistema giuridico era drammaticamente impreparato.

Sul piano dei rapporti privatistici, sembra messa in discussione la regola che regge da sempre l’impianto civilistico, quella per cui i contratti si rispettano (pacta sunt servanda). Quanto più durerà l’isolamento tanto più monterà l’onda di una devastante e generalizzata causa di forza maggiore che verrà utilizzata per escludere profili di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni. Si rischiano di non poter più esigere crediti, con una conflittualità incalcolabile per persone e imprese. I tribunali potrebbero essere travolti non meno di quanto lo sono stati i reparti di terapia intensiva degli ospedali. Con terrificanti conseguenze soprattutto sulla certezza del diritto, che in Paesi come l’Italia è già uno dei punti più deboli del sistema economico.

Sul piano costituzionale, nel giro di poche settimane si è prodotta in gran parte del mondo la più grande limitazione di massa dei diritti fondamentali in assenza di un’adeguata base giuridica, per il semplice motivo che era la cosa giusta da fare. Le libertà sono state conculcate in modo pesante, facendo vacillare le basi costituzionali, in qualche caso abbattendole del tutto. Lo abbiamo già visto con altre recenti emergenze, dal terrorismo al cambiamento climatico, ma ora gli scricchiolii sono diventati allarmanti, e l’intero edificio rischia di crollare. Ci si sta arrangiando come si può, anche sul piano normativo, ma utilizzando strumenti di fortuna. Troppe costituzioni, a partire da quella italiana, non sono attrezzate per rispondere a gravi emergenze salvaguardando l’impianto dei diritti e delle libertà.

Iniziando a guardare alla “fase 2” dell’emergenza, ossia a come uscirne, sarebbe gravissimo se non si prendessero in considerazione gli elementi strutturali dell’organizzazione di una società. Quindi se non si attrezzassero le costituzioni a fungere da stella polare in circostanze eccezionali. Cosa si rischia se non lo si fa?

Il primo e più evidente pericolo è quello delle derive autoritarie. Che la gran parte delle società occidentali sia ormai ‘vaccinata’ contro questi pericoli è tutto da dimostrare. Quanto sta avvenendo in alcuni Paesi (Ungheria docet) mostra come la tentazione di abusare del potere sia sempre e ovunque presente. E l’acquiescenza con cui le misure eccezionali vengono accolte in modo acritico potrebbe non essere un positivo indice di resilienza, ma la dimostrazione della scarsa penetrazione sociale della cultura dei diritti fondamentali. Ma i rischi sono anche di altro tipo, e non meno pericolosi. Lo scontro che sta montando in Europa sulle risposte che l’ordinamento dell’Unione (anch’esso impreparato) potrà dare alla crisi potrebbe spaccare irreparabilmente l’Europa tra nord e sud e tra est e ovest, con conseguenze non immaginabili. Il prolungamento eccessivo del contenimento potrebbe avere pesantissime ripercussioni sul piano economico e dunque destabilizzare le società, e a quel punto non basteranno i controlli di polizia.

Uscire presto da questa situazione è dunque una necessità impellente. Ma lo è anche uscirne bene. E non solo sul piano sanitario. Uscirne bene significa attrezzare meglio le costituzioni per evenienze di questo tipo. Garantendo in particolare il controllo parlamentare (opposizione compresa, dunque con maggioranze qualificate) su inizio, fine e contenuto delle misure eccezionali, la loro temporaneità, la loro sindacabilità davanti ai tribunali costituzionali, la presenza di procedure che regolino la compressione dei diritti. E naturalmente prevedendo una cornice per la disciplina dei rapporti tra i livelli di governo: tra Unione europea (da cui non ci si può aspettare tutto ma da cui è necessario attendersi alcune decisioni fondamentali, da conoscere prima e non da negoziare sotto la spinta dell’emergenza), Stato, Regioni e Comuni. Un modello improvvisato, fondato sulla centralità dello Stato e sulla sua centralizzazione non è adatto, nemmeno quando si lavora complessivamente bene come sta avvenendo in questa fase in Italia.

Spesso servono le tragedie per accorgersi dell’importanza delle costituzioni. È triste. Ma perdere l’occasione per un adeguamento dell’architettura costituzionale (compresi gli statuti di autonomia) sarebbe ancora più triste. E più pericoloso.

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