Doppio passaporto: domande scomode

(pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 3 agosto 2018 con il titolo “Passaporto: le domande scomode”)

Come un elefante nella cristalleria, la questione del doppio passaporto irrompe nella campagna elettorale per le provinciali. Già solo il tempismo dell’annuncio rende problematica la vicenda, perché esaspererà i toni etnicisti (su tutti i fronti) in una fase già a forte rischio per la razionalità degli argomenti come l’avvicinamento alle elezioni.

Finora si è parlato solo di un’idea, perché non esiste un testo. Non si sa quindi nulla delle intenzioni dei proponenti su temi cruciali: chi sarebbe legittimato a richiedere il passaporto austriaco, con quali modalità verrebbero accertati i requisiti, quali diritti sarebbero legati alla nuova cittadinanza e quali no e come andrebbero esercitati? Si aprirebbero certo nuovi inesplorati orizzonti, anche sul piano internazionale: una decisione unilaterale violerebbe il principio negoziale alla base dell’accordo del 1946? Potrebbe l’Italia portare la questione davanti alla Corte internazionale di Giustizia? Sarebbe ancora giustificato parlare di minoranze di fronte a cittadini di un altro Paese? Domande che prospettano un paradiso per giuristi, ma non necessariamente per un complesso territorio di confine. L’unica cosa certa è che comunque fosse costruita l’eventuale legge, impegnerebbe a lungo la Corte costituzionale di Vienna. E che intanto sono stati aumentati i costi amministrativi per la richiesta della cittadinanza austriaca: dal 1. luglio sono passati da 976,80 euro a 1.115,30, giusto per informazione.

Si è già visto tuttavia come basti l’idea per compromettere i rapporti con l’Italia e soprattutto il delicatissimo equilibrio interno in Alto Adige, un complesso mosaico costruito in decenni di trattative sulle singole tessere. Molte questioni sociali e politiche sono già state sollevate, a partire dal profondo editoriale del direttore Faustini: che ne sarebbe dei rapporti tra i gruppi, delle relazioni con il Trentino, delle famiglie mistilingui? In un giornale in lingua italiana occorre tuttavia fare lo sforzo supplementare di mettersi nei panni dell’altra parte, quindi in questo caso dei concittadini di lingua tedesca. Perché ciò che si fatica a capire è più interessante. Non basta sostenere che è una proposta assurda, antistorica, antieuropea, discriminatrice e quanto si è sentito finora. Occorre anche farsi domande scomode.

Primo. Pur mancando dati sull’opinione della popolazione interessata, i sostenitori dell’iniziativa ritengono che si tratti di una questione che starebbe a cuore ai potenziali beneficiari (anche la SVP ne ha sempre parlato in termini di Herzensanliegen) e dunque verosimilmente la cittadinanza austriaca sarebbe richiesta in massa. Se così fosse, quali sono le ragioni? È una conseguenza del clima nazionalistico di questi tempi, per cui un passaporto è espressione di una gerarchia tra nazionalità? O è (anche) il segnale di qualcosa che non funziona sul piano locale nei rapporti tra i gruppi linguistici? L’Italia e gli italiani sbaglierebbero a non interrogarsi sul perché, nonostante in Alto Adige le cose non siano mai andate meglio di oggi, l’appartenenza all’Italia sia vista con fastidio da un numero crescente di persone. Non vanno sottovalutate le paure di chi teme che una frattura dell’Europa tra quella di serie A e quella di sere B abbia al Brennero il suo confine. Né va omessa una riflessione sul funzionamento delle regole della convivenza.

Secondo. Che effetto avrebbe l’iniziativa all’interno della comunità di lingua tedesca? Si creerebbe una spaccatura non solo e non tanto con la comunità di lingua italiana, ma anche tra coloro che prenderebbero la cittadinanza austriaca e quelli che decidessero di non farlo, con le inevitabili pressioni politiche per presentare i primi come bravi patrioti e i secondi come venduti agli italiani? Non si è già visto questo film? Cosa comporterebbe nella struttura della comunità? Il richiamo simbolico è tanto forte da voler correre questo rischio? E se sì perché? E siamo di nuovo alla prima domanda.

Riflettiamoci tutti, in modo il più possibile autocritico. In attesa di ‘divertirci’ con i problemi giuridici.

 

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